Addio conservanti industriali, oggi le conserve migliori si fanno così

Addio conservanti industriali, oggi le conserve migliori si fanno così

24 Ottobre 2024 0 Di Ilaria
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Conservare gli alimenti è una pratica antica, nata dall’esigenza di preservare ortaggi e verdure fuori stagione. Tuttavia, dietro a un semplice barattolo di verdure sott’olio si cela un complesso processo industriale, volto non solo a garantire la sicurezza igienico-sanitaria del prodotto, ma anche a mantenerne il sapore e l’aspetto il più simile possibile a quello fresco. Un ruolo cruciale in questo processo lo giocano gli additivi alimentari, spesso nascosti tra gli ingredienti, ma essenziali per garantire che le conserve arrivino nelle nostre dispense in condizioni ottimali.

Sicurezza: il primato degli agenti acidificanti

La sicurezza alimentare è la prima preoccupazione per chi produce conserve. Gli alimenti sott’olio, per loro natura, sono un terreno fertile per il proliferare di batteri pericolosi come il Clostridium botulinum, responsabile della tossina botulinica, una delle più letali. Non basta, però, il solo trattamento termico per distruggere completamente le spore di questo batterio. È necessario intervenire con agenti acidificanti, come l’aceto, o con additivi correttori di acidità, per garantire che il pH della conserva sia inferiore a 4,5, impedendo così l’attività delle spore.

Antiossidanti: la difesa contro l’ossidazione

L’aspetto visivo di una conserva è un fattore determinante per la sua vendita. Chi comprerebbe un barattolo di verdure dal colore spento o annerito? Ecco che entrano in gioco gli antiossidanti, additivi fondamentali per preservare la freschezza e i colori naturali degli alimenti. L’acido ascorbico (E300), meglio noto come vitamina C, è uno degli antiossidanti più sicuri e diffusi. Tuttavia, non è raro trovare nei prodotti alimentari anche altre molecole meno salutari, come i gallati (E310), utilizzati per prevenire l’irrancidimento di grassi e oli in alimenti come salse o conserve più complesse.

Un esempio emblematico è quello dei funghi champignon in conserva. A causa del loro naturale annerimento, che ne rovina l’estetica, alcuni produttori, soprattutto quelli che importano materia prima dall’Asia, utilizzano il sodio ipoclorito per “candeggiare” i funghi. Questo trattamento, sebbene efficace per il colore, è del tutto invisibile al consumatore finale, poiché non compare chiaramente in etichetta.

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Il sapore ritrovato: tra esaltatori e inganni

Se mantenere l’aspetto estetico di una conserva è importante, lo è ancor di più ripristinarne il sapore, spesso compromesso dai trattamenti termici. Ortaggi come carciofi, melanzane e zucchine perdono infatti molte delle loro proprietà organolettiche durante la lavorazione. Per ovviare a questo problema, l’industria alimentare ricorre agli esaltatori di sapidità, tra cui il famigerato glutammato monosodico (E621). Questo additivo è spesso al centro di dibattiti sulla sua presunta pericolosità, tanto che molte aziende preferiscono eliminarlo dalle etichette per non allarmare i consumatori.

Tuttavia, il glutammato può essere “nascosto” in ingredienti come l’estratto di lievito o le proteine vegetali idrolizzate. Questi elementi, di per sé innocui all’apparenza, contengono in realtà elevate concentrazioni di glutammato, prodotto naturalmente dalla degradazione delle proteine. Il trucco sta nella percezione: ciò che sembra essere un ingrediente naturale è in realtà un veicolo per l’aggiunta di esaltatori di sapore sintetici.

Cosa troviamo realmente in etichetta?

Leggere l’etichetta di un barattolo di verdure sott’olio può rivelare sorprese inaspettate. Termini come “correttori di acidità”, “estratti di lievito” o “antiossidanti” celano una gamma di additivi utilizzati per migliorare la stabilità, l’aspetto e il sapore delle conserve. Sebbene molti di questi siano sicuri e regolamentati, alcuni possono destare preoccupazione, soprattutto per i consumatori più attenti alla salute.

La sfida per il futuro: più trasparenza e meno chimica?

L’industria alimentare si trova davanti a una sfida importante: come mantenere la qualità e la sicurezza dei prodotti senza abusare di additivi poco salutari? Negli ultimi anni, la domanda di prodotti “naturali” e privi di conservanti o esaltatori di sapidità è in crescita. Alcune aziende stanno già cercando soluzioni innovative, come tecniche di lavorazione a freddo o l’uso di conservanti naturali.

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Insomma, se da un lato gli additivi sono fondamentali per garantire la sicurezza e la qualità delle conserve alimentari, dall’altro è importante che il consumatore sia informato e consapevole di ciò che acquista. Solo attraverso una lettura critica delle etichette e una maggiore attenzione agli ingredienti possiamo fare scelte alimentari più consapevoli e salutari.

Conserve naturali: solo materie prime, senza aggiunte

Il mercato delle conserve sta assistendo a una crescente domanda di prodotti preparati esclusivamente con materie prime naturali, senza l’aggiunta di additivi chimici. Questo approccio si fonda sul rispetto della tradizione e sulla ricerca di sapori autentici, puntando a utilizzare solo ingredienti freschi e metodi di conservazione naturali, come l’aceto, il sale o l’olio d’oliva, senza ricorrere a correttori di acidità, esaltatori di sapore o antiossidanti artificiali. Queste conserve offrono un sapore più genuino e trasparente, poiché ogni ingrediente è riconoscibile e non mascherato da sostanze chimiche. Tuttavia, la preparazione di questi prodotti richiede tecniche più attente e rigorose, che garantiscano comunque la sicurezza alimentare senza compromettere la qualità organolettica. Le conserve naturali rappresentano una scelta ideale per chi cerca un’alimentazione sana e sostenibile, pur accettando una minore durata di conservazione rispetto ai prodotti industriali ricchi di additivi.

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